“Un tempo l’agroalimentare doveva fronteggiare l’andamento del clima o del mercato, oggi invece deve ricercare l’unità di tutto il mondo delle rappresentanze, dall’agricoltura alla distribuzione, al consumatore e fare i conti con le distorsioni mediatiche. In questo senso, più le filiere – di produzione, trasformazione, commercializzazione - sono integrate maggiore è la capacità di innescare, sull’esempio dell’avicoltura, meccanismi virtuosi per sviluppare efficacemente azioni di valorizzazione e di tutela del benessere animale, ma anche pratiche di efficienza energetica su tutta la fase produttiva. Fondamentale saranno inoltre le campagne d’informazione tra i consumatori per non far deprimere i consumi e per contrastare le distorsioni mediatiche che danneggiano il comparto”. Così Giorgio Mercuri, a margine dell’evento ‘La filiera integrata. Una risorsa per la zootecnia italiana’, promosso oggi a Roma da Unaitalia, dove è stato presentato lo studio Nomisma sull’avicoltura italiana, un modello produttivo che in questi anni si è rivelato vincente e in controtendenza rispetto alle altre filiere da carni. A fronte del calo della spesa per le carni e i derivati, pari a -7,5%, crescono infatti tra il 2009 e il 2015 i consumi di prodotti avicoli (da 18,6 Kg pro-capite a 20,2 Kg), la produzione (+9%), la ricchezza prodotta dagli allevamenti (+27%; 4,2 mld di euro solo nel 2015) e quella prodotta dalla trasformazione (+6,2%).
Le cooperative aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane operanti nel settore della zootecnia sono 420, con 14.544 soci e 22.394 addetti, per un fatturato complessivo di 9,43 miliardi di euro. Tra le prime 10 imprese nazionali, 5 sono cooperative; quelle di macellazione e commercializzazione rappresentano il 13% nel bovino, il 15% nel suino ed il 70% nell’avicolo.