FEDAGRIPESCA
 

AMBIENTE ed ENERGIA

Decreto Interministeriale n. 5046 del 25 Febbraio 2016 recante "Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque

reflue di cui all'art. 113 del Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato di cui all'art. 52, comma 2-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134.

Categorie: Circolari, Ambiente ed Energia Tags:

Si informa che nel sito del ministero delle Politiche agricole agroalimentari e forestali è stato pubblicato il decreto interministeriale di cui all’oggetto. Il provvedimento contiene una nuova disciplina dell’utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici, delle acque reflue e del digestato che, pertanto, si sostituirà a quella prevista dal precedente DM del 7 aprile 2006. Il decreto entrerà in vigore a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
 

Il provvedimento in esame assume particolare importanza per le imprese cooperative che trasformano il prodotto conferito dai soci in quanto al suo interno contiene una disciplina specifica sulla produzione, le caratteristiche di qualità e l’utilizzazione agronomica del digestato, ovvero di tutto quel materiale che deriva dalla produzione di energia da impianti di biogas. La nuova normativa, pertanto, ha anche dei riflessi di carattere ambientale sia per quanto concerne la qualificazione giuridica del digestato, sia per quanto riguarda la natura dell’impianto che lo produce.

Rimandando ad una lettura del testo per gli approfondimenti del caso, si evidenziano di seguito le principali novità per quanto concerne l’utilizzo del digestato (articoli da 22 a 34).

Prima di tutto occorre precisare che se il digestato è utilizzato a fini agronomici ai sensi del presente decreto allora si prevede espressamente che tale materiale sia escluso dall’applicazione della
disciplina sui rifiuti in quanto considerato un sottoprodotto mentre, in caso contrario, il materiale è considerato rifiuto.

Al fine di poter procedere alla utilizzazione agronomica del digestato è necessario che gli impianti di digestione anaerobica siano alimentati da particolari sostanze elencate nell’articolo 22, siano esse utilizzate da sole o in miscela tra loro. In sintesi è possibile produrre digestato spandibile con i seguenti materiali: paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo non pericoloso; colture dedicate; effluenti di allevamento; acque reflue (intese come le acque reflue non pericolose che provengono da aziende che svolgono attività primaria e che oltre a quella primaria svolgono attività di trasformazione nonché dalle piccole aziende agroalimentari cioè quelle operanti nel settore lattiero caseario, vitivinicolo ed ortofrutticolo che producono acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e i quantitativi di azoto contenute nelle acque a monte nella fase di stoccaggio non superiori a 1.000 Kg/anno); residui dell’attività agroalimentare (da intendersi come sottoprodotti della trasformazione di prodotti vegetali indicati nell’allegato IX del presente decreto); le acque di vegetazione dei frantoi oleari e le sanse umide anche denocciolate; i sottoprodotti di origine animale utilizzati nel rispetto del regolamento 1069/2009; il materiale agricolo e forestale non destinato al consumo alimentare individuato nella tabella 1B del DM 6 luglio 2012 ( si tratta del decreto disciplinante l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico).

Per quanto concerne l’utilizzo delle colture dedicate nell’impianto di digestione anaerobica si prevede che, per gli impianti autorizzati successivamente alla entrata in vigore del presente decreto, tale materiale non possa superare il 30% in termini di peso complessivo. Questa disposizione è stata fortemente criticata dalla cooperazione in quanto, a nostro avviso, tale limite in primo luogo non ha alcuna rispondenza con le finalità proprie del provvedimento in esame (ovvero l’utilizzo di un prodotto a fini agronomici in sostituzione di fertilizzanti chimici) poiché l’utilizzo di colture dedicate non incide sulla qualità del digestato e, inoltre, pone un ingiustificato ed irragionevole trattamento tra impianti già esistenti e quelli nuovi. Conseguentemente se un nuovo impianto utilizza colture dedicate sopra la predetta soglia il digestato che residua non potrà essere utilizzato a fini agronomici e dovrà essere avviato al recupero o allo smaltimento come un qualsiasi rifiuto in spregio ai nuovi orientamenti in tema di economia circolare ed ai nuovi obiettivi comunitari di diminuzione della produzione di rifiuti.
È vietata l’utilizzazione agronomica del digestato prodotto con sfalci o altro materiale vegetale inquinato o proveniente da bonifica di siti contaminati.

L’articolo 24 determina i requisiti da rispettare affinché il digestato possa considerarsi sottoprodotto ai sensi del testo unico ambientale. A tal fine il digestato deve essere prodotto con i materiali precedentemente elencati, deve essere certo che questo verrà utilizzato per fini agronomici attraverso la predisposizione di contratti tra produttore ed utilizzatore (qualora il digestato non sia utilizzato nell’azienda stessa del produttore) e il digestato deve seesere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. A tal riguardo di particolare importanza, è il fatto che venga declinato il principio della normale pratica industriale a cui può essere sottoposto il digestato prima del suo utilizzo agronomico, prevedendo anche alcune operazioni tipiche a cui può essere sottoposto il digestato: disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura, filtrazione, separazione solido liquido, strippaggio, nitrificazione denitrificazione e fitodepurazione. Infine il digestato è sottoprodotto qualora abbia le caratteristiche organolettiche previste dall’allegato IX.

Il digestato viene poi definito agrozootecnico o agroindustriale a seconda della tipologia di materiali con cui è prodotto. Nel caso di degestato agroindustriale è altresì necessario che le acque reflue, i residui dell’attività agroalimentare, le acque di vegetazione dei frantoi e le sanse nonché i sottoprodotti di origine animale utilizzati per la sua produzione provengano dalla attività agricola o agroalimentare dell’azienda che gestisce l’impianto ovvero, nel caso di impianto interaziendale, da imprese agricole o agroalimentari associate o consorziate. Questo significa per produrre digestato agroindustriale nell’impianto non è possibile utilizzare i predetti materiali acquistati o comunque ceduti da terzi.

Rispetto alle bozze del decreto circolate precedentemente, la versione definitiva del decreto ministeriale non contiene più la parte in cui il digestato veniva equiparato, a determinate condizioni, ai concimi di origine chimica. Lo stralcio della disposizione molto probabilmente è stato effettuato a seguito di rilievi fatti dalla commissione europea. L’auspicio è che in vista di una revisione della normativa sui fertilizzanti si possa reintrodurre tale principio che, lo ricordiamo, permetterebbe l’utilizzo di tale materiale senza tutte le formalità previste per l’utilizzo dell’ammendante.


Tag:

Documenti da scaricare

filoDIRETTO

Micol Bertoni
t +39 06/46978218
bertoni.m@confcooperative.it

Comunicati Stampa

Circolari

Doc e Pubblicazioni

Normativa