Negli ultimi dieci anni, la presenza di tonni nel Mediterraneo è triplicata, trasformandosi in una seria minaccia per altre specie ittiche, in particolare il pesce azzurro. Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, commenta così i dati FAO sul buono stato delle risorse ittiche, sottolineando il vorace appetito del tonno: ogni esemplare consuma quotidianamente l'equivalente del 10% del proprio peso corporeo. Un tonno adulto può quindi mangiare fino a 40 chili di pesce al giorno, con una dieta ricca e varia che include totani e acciughe.
"Le rigorose normative europee su calendario, quantitativi di pesca, ispettori comunitari a bordo e porti di sbarco rendono il tonno la specie ittica commerciale più tutelata al mondo", afferma Tiozzo. "Tuttavia, questo ha innescato un vero e proprio boom della popolazione di tonni, con effetti negativi su altri stock ittici e sulle attività di pesca. Non vorremmo trovarci a considerare il tonno da risorsa a minaccia e dover pianificare abbattimenti selettivi, come nel caso dei cinghiali."
Gli sforzi della pesca professionale – dall'adozione di reti sempre più selettive, al rispetto delle taglie minime commerciali, delle distanze dalla costa, del fermo biologico e delle buone pratiche volontarie (come pescare meno giorni a settimana per evitare sprechi e mantenere vivo il mercato) – hanno contribuito al buono stato di salute di pesci, molluschi e crostacei. Ma se la pesca è sempre più selettiva, le vere minacce per la fauna marina provengono dai cambiamenti climatici e da scelte di tutela delle risorse che finiscono per favorire la proliferazione di una specie a discapito di altre.
In Sicilia, ad esempio, nelle aree di nursery – zone cruciali per la riproduzione e crescita delle specie ittiche, dove la pesca è vietata o fortemente regolamentata proprio per proteggere gli stock giovanili e favorire la riproduzione – si assiste a una proliferazione di palombi, razze e spinaroli (tutti appartenenti alla famiglia degli squali). Questi predatori cacciano gamberi rosa e merluzzi, che spesso finiscono decapitati nelle reti. "È una lotta impari, Davide contro Golia, le cui conseguenze le paghiamo noi pescatori", dichiarano dalle cooperative di pesca. Per questo, Fedagripesca chiede da tempo maggiori investimenti nella ricerca scientifica per comprendere i cambiamenti in atto nei mari e per individuare contromisure efficaci