Il 30% dello spreco alimentare si combatte già in fase di produzione. La cooperazione agroalimentare, che porta sulle tavole 1 prodotto su 4, è un modello virtuoso per ridurre gli sprechi. Tante le strategie antispreco. Dall'impiego industriale alla valorizzazione in cucina degli scarti, senza dimenticare la solidarietà.
Dalle cooperative arriva un contributo importante per invertire il trend che vede a livello mondiale il 14% del cibo perso prima della commercializzazione mentre il 17%, pari a 931 milioni di tonnellate, viene sprecato dai consumatori e retail. In termini economici vengono bruciati 400 miliardi di dollari in cibo non consumato (fonte FAO).
Così Confcooperative – Fedagripesca in occasione della giornata nazionale della prevenzione dello spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio.
Dalle cooperative tanti gli esempi virtuosi nel segno della sostenibilità. Per frutta e la verdura che non trovano sbocchi nella vendita del fresco si punta sull’impiego industriale per realizzare, per esempio, succhi e conserve. Nel segno della solidarietà le tantissime collaborazioni delle cooperative agroalimentari con enti no profit per donare a chi ne ha bisogno i prodotti agroalimentari che non hanno sbocco commerciale. Solo lo scorso anno le cooperative aderenti a Confcooperative hanno donato 14.000 tonnellate di prodotti agroalimentari e oltre 1 milioni di pasti caldi ad associazioni come Banco Alimentare, Croce Rossa e ad altri enti no profit.
Ma lo spreco si combatte anche educando il consumatore. È il caso di alcune cooperative che hanno deciso di puntare sulla valorizzazione di parti meno nobili dei prodotti come quelle di carni e salumi, grazie alla collaborazione con enti locali o ristoranti. E così alimenti che sarebbero destinati a finire nei rifiuti vengono trasformati in vere e proprie risorse con corsi che insegnano come cucinare quelli che solo in apparenza possono essere trattati come scarti alimentari domestici.
Che sia una spesa di terra o di mare, per evitare di buttare via il cibo, precisa Fedagripesca, gli italiani utilizzano strategie diverse: il 36,84% sceglie di acquistare solo piccole quantità, il 31,58% solo quello che serve, il 15,79% congela i prodotti in scadenza, il 10,53% si cimenta in ricette di cucina creativa con gli avanzi, il 5,26% acquista prodotti a lunga scadenza.
Dalla terra al mare, pesci, molluschi e crostacei freschi sono prodotti che per 4 italiani su 5 difficilmente finiscono in pattumiera per il costo e le abitudini di acquisto a ridosso dell’impiego in cucina come emerge da una indagine condotta da Fedagripesca.
Tra i prodotti ittici freschi, è il tonno a fare la parte da leone tanto da meritarsi l’appellativo di “maiale del mare”, visto che come per il maiale di terra, non si butta via nulla. In questo caso gli sprechi vengono abbattuti già in fase di produzione realizzando prosciutto, salsicce, salme di tonno e bottarga. Ma anche le lische e le teste dei pesci, nobilitati nelle zuppe, sono una ottima strategie anti spreco. Fa eccezione il granchio blu tre volte simbolo dello spreco perché ha distrutto oltre il 70% delle produzioni delle vongole veraci del Delta del Po, per la sua scarsa resa in cucina visto che solo un 15% del prodotto, ovvero la polpa, viene impiegato e perché i pescatori sono costretti a buttare via il 90% degli esemplari, da cui guadagnano al massimo 1,50 al chilo, perché quelli più piccoli non vengono acquistati.