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Acciughe in fuga per colpa del clima che riduce effetto correnti marine

Acciughe in fuga per colpa del clima che riduce effetto correnti marine

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Entro il 2050 si rischia una riduzione del 20% dei fenomeni di upwelling

Acciughe più piccole e costrette a spostarsi verso il largo in cerca di acque più fresche. È uno degli effetti del cambiamento climatico, che minaccia il "motore" biologico del Mediterraneo: l'upwelling. Questo processo vitale di correnti in risalita porta in superficie acque profonde, fredde e ricche di nutrienti, un fertilizzante naturale che alimenta il fitoplancton, base di ogni catena alimentare marina.

A mappare gli effetti di un mare che cambia è Confcooperative Fedagripesca. “Entro il 2050 si rischia una riduzione del 20% dei fenomeni di upwelling, che saranno meno frequenti, meno intensi e meno efficaci rispetto al passato, con effetti a cascata su pesci, ecosistemi e comunità costiere dipendenti dalla pesca”, afferma Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca.

A livello globale, le zone di upwelling coprono appena l'1% degli oceani, ma forniscono fino al 50% del pescato mondiale. Nel Mediterraneo, sottolinea Fedagripesca, l'upwelling è meno intenso che negli oceani aperti, ma si concentra in aree specifiche dove si crea il giusto mix tra venti, topografia costiera e correnti. Questi veri e propri "hotspot" di produttività marina includono lo Stretto di Messina, Carloforte in Sardegna, la costa Adriatica orientale e il Canale di Sicilia.

L’upwelling, innescato da venti costieri, alimenta il fitoplancton, sostenendo specie commerciali come acciughe, sardine e tonni. In Adriatico, evidenzia l’associazione, questa dinamica supporta il 40-60% degli stock ittici commerciali. Le acque ricche di nutrienti favoriscono esplosioni di fitoplancton e zooplancton, base alimentare per sardine, acciughe e sugarelli (Trachurus trachurus).

Il riscaldamento globale, però, sta alterando questi equilibri. La stratificazione delle acque dovuta alle temperature più elevate riduce l'efficienza della risalita delle correnti profonde. Venti indeboliti, come nel caso della Bora, contribuiscono a ridurre il numero degli eventi di upwelling. Le conseguenze sono un calo del fitoplancton, migrazioni forzate (come quelle delle alici) e la proliferazione di specie aliene provenienti da acque più calde e la messa a repentaglio di specie autoctone come i ricci la cui densità in Puglia e Sicilia è crollate sotto gli 0,2 individui per mq come dimostra una ricerca dell’università del Salento. Ma non è solo il Mediterraneo a soffrire per il troppo caldo. I pescatori britannici stanno registrando un aumento senza precedenti delle catture di polpi nelle acque della Manica, con volumi fino a 240 volte superiori rispetto allo stesso periodo del 2024.

“Il settore ittico è sempre più chiamato a fare i conti con gli effetti del climate change. La ricerca scientifica deve accompagnare i processi decisionali nella gestione della pesca e indicare la strada per prevenire e contenere le minacce climatiche al benessere degli ecosistemi marini”, conclude Tiozzo.

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